Un giovane maestro che in realtà vorrebbe fare il batterista e che per caso si trova a insegnare in un piccolo villaggio, di tutto, dalla letteratura alla trigonometria. E un capo villaggio meno burbero di quello che sembra, incerto tra migliorare la sua scuola o spingere i bambini ad andare in città. Incontro-scontro di caratteri (non solo quelli dei due protagonisti) e soprattutto confronto tra tradizione e modernità, tra campagna e città, tra musiche diverse, nel bel lungometraggio d’esordio della regista cinese Hehe Mi. Scritto con umanità e humor e diretto con occhio attento ai luoghi, sospeso tra malinconia e commedia, Mr. Motor va alla ricerca delle diverse identità nazionali con un racconto quotidiano e non retorico.
Il premio per il miglior regista va a Roy Krispel per il suo film ABU OMAR. Durante un coprifuoco, un padre addolorato per la morte del figlio piccolo in un ospedale israeliano, sta cercando un modo per riportarlo a casa nel suo villaggio palestinese per il suo eterno riposo e ottiene un aiuto inaspettato nella sua missione. Il film ci ha colpito per aver portato la realtà assurda inflitta attraverso un conflitto noto a un nuovo livello, che ritrae due estranei in un viaggio apparentemente senza speranza. Nonostante le drammatiche circostanze, il film contiene momenti di umorismo asciutto e mantiene tuttavia dignità, empatia e tenerezza.
Miglior Scenografia a Valto Baltzar e Maria Jännesn per:
Le Café de mes Souvenirs
Le Café de mes Souvenirs è un meraviglioso musical franco-finlandese, scritto e diretto da Valto Baltzar, che racconta la storia d’amore tra Emilie, che lavora nel café di sua madre ad Helsinki, e Philippe, un francese che si è trasferito in Finlandia per insegnare la sua lingua. Questo film è un omaggio al classico della cinematografia francese Les Parapluies de Cherbourg ed è stato girato in location finlandesi e francesi scelte accuratamente (Helsinki, Porvoo, Kauniainen and Sipoo, in Finlandia, e Cherbourg and Parigi, in Francia). La giuria premia l’eccellente scenografia e il lavoro della scenografa Maria Jännesn, riconoscendo anche l’impiego di opere di scenografi finlandesi (comprese le opere ergonomiche del famoso architetto Finish e designer di mobili Kukkapuro).
Io sono Vera è un film girato squisitamente, un’opera sensazionale diretta da Beniamino Catena, che ci mostra l’intrigante storia di una ragazzina di nove anni e di un uomo cileno che lavora nel deserto dell’Atakama, le cui vite si legano in una maniera imprevedibile e misteriosa. La giuria premia lo straordinario lavoro della direttrice della fotografia Maura Morales Bergmann, e in particolare l’effettivo uso diversificato dei movimenti della camera, degli angoli e degli scatti, i quali contribuiscono all’aspetto poetico del film. La giuria si riserva di premiare inoltre le espressioni degli attori e la combinazione e l’impiego della bellezza di location italiane e cilene scelte accuratamente.
Cinque registe e cinque scrittrici per un viaggio attraverso il rapporto tra i sessi e, soprattutto, la considerazione in cui è tenuta la donna, oggi, in paesi civilissimi, come la Polonia (e non solo). Uno sforzo collettivo realizzato con notevole gusto visivo e con la capacità di raccontarsi senza vittimismo e utilizzando lo strumento dei generi cinematografici. Alcuni episodi appartengono in pieno alla fantascienza distopica, ma quello che sorprende è come, a volte, siano le storie più realistiche ad apparire fantascientifiche. Menzione speciale a Erotica 2022 per la capacità di amalgamare in una visione collettiva il suo frastagliato universo femminile, di offrirci ritratti a tutto tondo delle “streghe”, che non sono mai andate via.
Story 1: Anna Kazejak - Story 2: Anna Jadowska - Story 3: Kasia Adamik - Story 4: Jagoda Szelc - Story 5: Olga Chajdas
Per la capacità di raccontare con leggera sapienza e senza un filo di retorica la fine di un'epoca, attraverso il ritratto ironico e struggente di un personaggio memorabile, malinconico e vitale, che la incarna, ma che con la sua fede incrollabile nella vita ci rammenta anche quanto sia importante adattarsi ai suoi inevitabili mutamenti rimanendo coerenti con se stessi e con i propri valori.
L'’empatia con l’ammiraglio Boris Vassilievitch Tchumakov, frutto evidente di una lunga preparazione, centra l’obiettivo, portandoci dentro alla storia e facendoci trascorrere una giornata intensa insieme al protagonista nel vecchio porto abbandonato di Balyktchy, sul lago Issyk Kul. I luoghi remoti del Kirghizistan, oggi confine incerto tra Occidente e Oriente, diventano così uno scenario familiare e il docufilm un ponte tra popoli e culture come l’antica Via della Seta. Agli autori va il merito di avere saputo individuare un personaggio che resta nel cuore dello spettatore come soltanto i grandi personaggi dell’invenzione letteraria riescono a fare. Un personaggio generoso, puro, solitario e valoroso come un moderno Don Chisciotte, ma che a differenza del nobile Hidalgo, i mulini a vento non li combatte, li cavalca.
Per aver saputo raccontare con una cinematografia matura e sapiente, una storia di amore negato e contrastato, dove, attraverso la negazione di una spazio fisico, si racconta la negazione di una relazione, con la capacità di racchiudere nella piccola vicenda dei protagonisti, anche il mondo e il contesto sociale che li attornia
Un corto emozionante e romantico, testimone di una vita sospesa e sempre eterna. Una regia magistrale. Una fotografia intensa che amplifica il paesaggio e lo rappresenta in tutta la sua potenza. Un realismo fantastico raccontato con gli occhi ingenui e profondi di un bambino. Un bambino che decide di seguire un sogno nell’unico modo in cui può farlo: vivendolo.
Opera elegante, che incorpora la Sezione Aurea e incarna l’eterna espressione “homo homini lupus”. La scelta accurata delle inquadrature a camera fissa e delle plongée, oltre alla precisione espressa tanto nella composizione del quadro, quanto nella profondità di campo, esaltano le forme sinuose di un territorio che, seppur danneggiato, ha un’estetica maestosa e solenne. L’essere umano è minuscolo, immerso in lande sconfinate e brulle, e torna al suo stadio primordiale, quello animale. Animale cacciatore, che calpesta e invade le linee regolari del terreno e animale preda, che ne segue armoniosamente i profili e i dislivelli. Un’animalità richiamata dalle coreografie – impeccabili – con le quali, il gruppo di performer, prende le sembianze di cervi o gazzelle che vagano senza meta, celandosi tra la poca vegetazione alta rimasta. I movimenti apparentemente caotici, sono in realtà espressione di un linguaggio condiviso, istintivo, solo razionalmente indecifrabile. L'assenza di dialoghi rende il corto universalmente comprensibile e l’ottima colonna sonora dona ritmo ed enfasi alla narrazione. Un lavoro chiuso, coeso e profondamente coerente.
Un piccolo capolavoro in cui fotografia e direzione degli attori sono impeccabili, un corto che trascina lo spettatore nella disperazione degli sconfitti della guerra civile spagnola e nella necessità di scelte urgenti e coraggiose da parte dei testimoni europei, con la conclusione che drammaticamente conduce lo script a scenari del tutto contemporanei e altrettanto urgenti.
Le conseguenze dell'attore - Il piccolo Michele Esposito
Una piccola perla che è capace di raccontare l’eleganza, l’autoironia e la tolleranza della cultura partenopea e campana attraverso la vita del carismatico protagonista, che ha saputo vivere e custodire un sogno importante.
La determinazione di un gruppo di ragazzi di Ponticelli, che grazie ai “maestri di strada” ricostruiscono le proprie esistenze, i propri orizzonti, acquisendo consapevolezze e disincanti. Gli aggettivi per descrivere quello che sognano di diventare “diverso, immortale” è il bisogno di affermare con forza la loro identità. Voler “diventare qualcuno” , lasciare traccia e non perdersi nello stereotipo che il quartiere gli impone.