Transeuropæ Hotel è per certi versi un film di genere. Sfiora il filone del film musicale. Non è tuttavia la storia di una messa in scena o piuttosto il docufiction di un concerto. In TRANSEUROPÆ HOTEL c’è una drammaturgia. Vi si racconta qualcosa di magico ma anche di scientificamente possibile. Il racconto - simbolico/metareale - sfiora l’intrattenimento noir/favolistico. Un hotel della Sicilia. Un gruppo di jazzisti in prova per una tourné. Due donne che arrivano dalle favele di Rio e un percussionista famoso che viene fatto sparire da un mago al soldo dei traficantes. Un quartetto di personaggi improbabili parte alla ricerca del mago candomblè per ritrovare la formula musicale che richiami l’amico scomparso. Avventure picaresche e poetiche in Brasile e in Sicilia e Gran concerto finale. Il film è scritto e diretto sul principio narrativo del “melodramma” ed è una meditazione sulla contemporaneità, sul disadattamento, sul valore della musica e della poesia, sul pensiero magico e razionale, sulla convinzione che altri mondi sono possibili. Tutti i personaggi interpretano se stessi.