Pisa, 1839. L’Italia non è ancora unita ma 421 scienziati provenienti dai vari stati nei quali è divisa e dall’estero si incontrano a Pisa per la “Prima Riunione degli Scienziati Italiani”. Era stato il principe Carlo L. Bonaparte, zoologo, figlio di Napoleone I, a convincere il cauto Leopoldo II a permettere la riunione. Un congresso dai forti connotati politici e potenzialmente eversivi, al punto che agli scienziati dello Stato Pontificio era stata vietata la partecipazione. Oltre a quelli patriottici, avevano ispirato la riunione ideali illuministici: laicità, controllo sperimentale, collegialità. E il rifiuto del principio di autorità in nome del quale era stato condannato Galileo. Il documento conclusivo di Filippo Corridi, matematico e segretario della Riunione, e gli articoli di Gottardo Calvi, corrispondente della Rivista Europea, costituiscono il filo conduttore del documentario. I due sono impersonati da attori che si muovono in uno spazio scenico costituito da edifici in rovina: una metafora dei progressi sperati ma non realizzati? D’altra parte scene da laboratori moderni di fisica delle particelle elementari (il CERN di Ginevra) rimandano ai valori di universalità e di cosmopolitismo della scienza, e alla questione, mai semplice, del rapporto tra scienza, società e potere.