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21 Settembre 1990. Come ogni giorno Rosario Livatino, giovane giudice siciliano, percorre, a bordo della sua Fiesta bordeaux, la strada statale 640 che da Canicattì lo porta ad Agrigento. E' l'ultimo giorno della sua esistenza. E nella mente scorre tutta la sua vita, attraverso i volti e le voci di quanti lo hanno amato e conosciuto. A parte il clamoroso seguito all'assassinio, la giovane età del magistrato, la crudeltà della mafia e tutte le altre notizie che potevano generare la cosidetta "audience", il mondo della comunicazione lasciò ben presto la figura di Livatino agli storici della mafia. Scavando nell'esistenza di Rosario Livatino si scopre che la sua era una vita "normale", il suo eroismo non aveva tratti che coincidono con le categotie contemporanee dello "spettacolo". E tuttavia attraverso quelle poche notizia date dai telegiornali e qualche anno dopo dal film "Il giudice ragazzino" di Alessandro Di Robilant (1993) tratto dall'omonimo libro di Nando Dalla Chiesa, trapelava da quella figura qualcosa do speciale. Un non detto da cui pulsavano, inspiegabilmente, lampi: cronisti, intellettuali e gente comune. Ma i riflettori si spensero lo stesso. Da quella bellezza inesprimibile, da quel desiderio che ha il gusto dell'infinito parte questo lavoro su Rosario Livatino, "Un martire dalla giustizia e, indirettamente, anche della fede" (Giovanni Paolo II)
